L’Agenzia delle Entrate ha acceso un faro sui nostri conti correnti per scovare casi di evasione fiscale e verificare se i risparmi coincidono con quanto effettivamente dichiarato. In altre parole è entrato finalmente in vigore l’Evasometro. Non si tratta di uno strumento nuovo: fu infatti introdotto, ben sette anni fa, dal governo guidato da Mario Monti. A quei tempi era chiamato comunemente “Risparmiometro”. Tuttavia, questa vera e propria lente di ingrandimento sui conti correnti è diventata attiva solo quest’anno, a seguito di un lungo periodo di sperimentazione. Al centro dei controlli, in particolare, sono i movimenti bancari di privati, liberi professionisti, partite IVA, aziende, senza trascurare i profili considerati “a rischio elevato”. 

A livello operativo, l’Agenzia delle Entrate punta a rilevare eventuali casi di evasione incrociando i dati in suo possesso, con quelli della Guardia di Finanza, e confrontando i dati raccolti dall’analisi di entrate e uscite, con quelli contenuti nella dichiarazione dei redditi.

Se viene rilevata una situazione caratterizzata da spese più alte rispetto a quanto dichiarato, scattano le verifiche della Guardia di Finanza. La sanzione naturalmente non è immediata: prima l’interessato dovrà fornire chiarimenti e spiegazioni sulle anomalie riscontrate, allegando tutti i documenti richiesti. In particolare, vengono considerati per la valutazione del rischio di evasione fiscale fattori quali i flussi mensili in entrata e in uscita, la giacenza media del conto corrente e il saldo finale dell’anno. 

 

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